Federica Spitzer, "figlia coraggio"

 

Federica Spitzer non fu un’intellettuale né una personalità celebre. Cionostante, il suo nome figura, accanto a Thomas Mann, Bertold Brecht, Robert Musil o Paul Klee, fra quelli che l’Ufficio federale per i rifugiati ha scelto di ricordare nel volume “Rifugiati illustri nell'esilio svizzero”: “Fritzi Spitzer è nata a Vienna nel 1911 - annotano gli autori del volume - e nel 1942 decise di farsi deportare a Theresienstadt volontariamente con i suoi genitori. È sopravvissuta al lager avendo sempre ben preciso davanti agli occhi il suo scopo: salvare i propri genitori. Malgrado non pochi momenti di abbattimento riuscì nel suo intento. Grazie alla sua forza di carattere”.

Discendente di una famiglia ebrea che aveva dato i natali al gran rabbino Salme Spitzer, Fritzi Spitzer visse una gioventù spensierata fino alla pesante crisi del dopoguerra che spinse i suoi genitori, che vivevano in condizioni modeste, a farle interrompere gli studi per avviarla ad una formazione professionale. Alla crisi economica fece seguito la politica discriminatoria verso gli ebrei dopo l’Anschluss della Germania nazista nel 1938, fino alla deportazione dei suoi genitori nel 1942. Fritzi, che non era sulla lista dei deportati, si presentò volontaria per salvare i propri genitori! Fritzi, la madre Ella e il padre Leopold (le cui spoglie riposano ora nel cimitero ebraico di Pambio Noranco, vicino a Lugano) furono deportati al campo di Theresienstadt (Terezin, in Cecoslovacchia, che ospitava soprattutto gli intellettuali e gli artisti ebrei) con un trasporto composto di 1300 persone.

Di questi 1300 sopravvissero solo in 147, fra cui gli Spitzer, liberati nel febbraio del 1945 grazie alla mediazione dell’ex Consigliere federale Jean Marie Musy, che grazie alla sue ambigue posizioni politiche aveva rapporti personali con il gerarca nazista Heinrich Himmmler, ministro dell’interno del Terzo Reich. Con altri 1200 prigionieri del lager di Theresienstadt, gli Spitzer furono trasportati a Kreuzlingen e consegnati alle autorità elvetiche che li ospitarono dapprima a San Gallo per poi distribuirli in diversi campi profughi svizzeri. Dapprima internati a Les Avants, sopra a Montreux, dal 1946 vennero trasferiti in Ticino. Illustri studiosi e personalità del mondo politico ricordano la sua figura: “Federica Spitzer è fra coloro che meglio sono riusciti a raccontare la tragedia del Lager (…). Dopo la pubblicazione del suo libro testimonianza, ricorderemo il nome di Federica Spitzer accanto a quelli di Margarethe Buber-Neumann, di Ruth Schwertfeger, di Ruth Krüger e Fey von Hassel: quattro donne intelligenti, testarde e capaci di combattere il nazismo con le armi della loro femminile umanità”. Con queste parole, Sergio Romano, ex ambasciatore italiano e fra i più acuti commentatori della stampa italiana, ha presentato il 7 marzo 2001 sul Corriere della Sera, in un articolo a tutta pagina del supplemento culturale, la qualità e l’importanza della testimonianza che ha lasciato Federica Spitzer.

Nel 2007, nel catalogo dell’esposizione “Federica Spitzer, “Dal Lager di Theresienstadt al rifugio luganese” tenutasi alla Biblioteca di Lugano, il professor Dan Segre, docente a Oxford, Stanford, al MIT di Boston,  aggiungeva che “la testimonianza della Spitzer ha un valore storico, morale ed educativo per il futuro”. E nel discorso tenuto il 23 aprile di quell’anno all’inaugurazione di quella stessa mostra, il Consigliere federale Pascal Couchepin ha elogiato “la consapevolezza che occorre rimanere vigili contro il pericolo di ricadere in una logica di terrore e di offesa della dignità umana, che ha spinto Federica Spitzer a testimoniare pubblicamente e in particolare ai giovani delle scuole ticinesi (…). Constato che i giovani d’oggivivono quasi solo nell’immediatezza del presente mentre le sfide presenti e future dell’umanità necessitano di un senso di responsabilità che solo una corretta consapevolezza della storia ci aiuta ad acquisire”. 

 

Federica Spitzer e Lugano

Lugano fu per Federica Spitzere i suoi genitori un “raggio di sole” dopo anni di terribili soprusi. A Lugano, sua nuova patria d’elezione, visse fino alla morte avvenuta nel 2002 e svolse intense attività umanitarie (in seno all’associazione ebraica WIZO) e culturali, oltre al suo lavoro di collaboratrice personale di personalità come il grande compositore Hermann Scherchen e il barone Thyssen-Bornemiza. Intrattenne stretti rapporti di amicizia con il maestro Otmar Nussio, per decenni direttore dell’Orchestra della Svizzera italiana e direttore artistico dei Concerti di Lugano e altri musicisti svizzeri e stranieri. 

Durante gli ultimi anni di vita ebbe numerosi incontri con gli allievi delle scuole medie e medie superiori ticinesi ai quali volle testimoniare non solo la barbarie dell’Olocausto ma anche la capacità degli esseri umani che hanno un ideale e un senso nella vita di resistere ad ogni forma oppressione, anche le più estreme.  Una speranza al di là di ogni vessazione che è tangibile nelle sue memorie.

Il suo libro testimonianza è stato pubblicato in tedesco, italiano e inglese. La Biblioteca cantonale di Lugano custodisce i materiali del Fondo Federica Spitzer.

La città di Lugano ha deciso di onorare la sua memoria dedicandole – lo scorso 27 gennaio - una strada, la “Via Federica Spitzer, Testimone dell’Olocausto”. Il quell’occasione, il sindaco di Lugano Marco Borradori ha sottolineato il valore morale essenziale della testimonianza di Federica Spitzer e la necessità di continuarla. “Sono fiero che in questa città ci sia stato chi subito ha accolto Federica Spitzer quando arrivò con i suoi genitori, grato agli amici che ha trovato qui, in questo paese libero e accogliente. E come sindaco desidero dire: che Lugano possa anche oggi riconoscere la sofferenza di chi ha bisognoe continuare a tendere la mano. Non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia. L’esclusione e l’odio continuano ad accadere e solo la consapevolezza, la formazione e la cultura possono contrastarli. Ieri come oggi, la risposta non può che essere culturale e trovare il suo luogo di diffusione e di riflessione nelle istituzioni, nella scuola e in tutte le realtà che formano la nostra vita civica e di relazione.  L’impegno di tutti deve essere rivolto a intensificare il dialogo tra le culture, a condannare e combattere con fermezza ogni forma di pregiudizio e persecuzione. Il dramma dell’Olocausto – degli Olocausti - non deve essere relegato ai margini della storia; sta in particolare alle famiglie e agli educatori il compito di formare una generazione di giovani in grado di comprendere la Shoah: senza la memoria e la conoscenza alimentiamo l’ignoranza, e sappiamo bene che dall’ignoranza discende la violenza.  In questo modo potremo dare continuità ai valori e alla testimonianza di Federica Spitzer”.